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Chi siamo
Chi siamoL'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) fa parte del Sistema delle Nazioni Unite ed è la principale organizzazione intergovernativa in ambito migratorio, fondata nel 1951 al fine di promuovere una migrazione umana e ordinata che possa portare benefici a tutti. Attualmente ha 175 stati membri ed è presente in oltre 100 paesi. L'Italia è uno dei paesi fondatori dell'OIM.
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OIM Global
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Cosa facciamo
Cosa facciamoIn quanto principale organizzazione intergovernativa che dal 1951 è impegnata nella promozione di una migrazione umana e ordinata, l'OIM svolge un ruolo chiave nelle attività di sostegno al raggiungimento dell'Agenda 2030, lavorando sia nel campo dell'assistenza umanitaria sia nell’ambito dello sviluppo sostenibile. La Missione dell’OIM di Roma ha un ruolo di coordinamento per i paesi del Mediterraneo.
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Giornata Internazionale del Migrante
Ginevra 18 dicembre 2009
OIM:"Dopo Copenhagen, aumentare gli sforzi per rispondere al problema delle migrazioni ambientali"
Comunicato Stampa
Giornata Internazionale del Migrante 2009
L'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni:
Dopo Copenhagen, aumentare gli sforzi per rispondere al problema delle migrazioni ambientali"
GINEVRA - 18 dicembre 2009 – E’ necessario, dopo
Copenaghen, fare più sforzi per affrontare il complesso problema delle
migrazioni ambientali e originate dai cambiamenti climatici.
E’
quanto dichiara l’Organizzazione
Mentre
i leader mondiali assistono nella capitale danese all’ultima giornata della
Conferenza ONU sul cambiamento climatico per discutere la firma di un accordo
globale che potrebbe includere il riconoscimento dell’impatto del cambiamento
climatico sulle migrazioni, il cambiamento climatico e il degrado ambientale
stanno già originando movimenti migratori in tutto il mondo. Sono i paesi più
poveri ad essere i più duramente colpiti.
Esistono
vaste lacune nelle conoscenze e nella comprensione sul come affrontare
adeguatamente le numerose e complesse ripercussioni delle migrazioni
ambientali.
“Nessuno
sa veramente quante persone siano già emigrate volontariamente o siano state
costrette a farlo dal cambiamento climatico o dal degrado ambientale. Ciò che
sappiamo è che queste migrazioni sono in larga misura interne o dirette verso
paesi limitrofi, e che si tratta di un fenomeno in crescita”, afferma William
Lacy Swing,
Direttore Generale dell’OIM,.
L’esigenza di rispondere alle sfide connesse alla
gestione delle migrazioni è resa più urgente dalla crescente pressione
migratoria risultante dagli effetti del cambiamento climatico. “Una delle
priorità fondamentali dell’OIM continuerà ad essere la protezione dei diritti
umani di tutti i migranti, inclusi i migranti ambientali, così come un’adeguata
assistenza alle persone vulnerabili che devono lasciare le proprie case.
Insieme alle agenzie del Global Migration Group e agli altri nostri partner,
continueremo inoltre a lavorare per ridurre per quanto possibile le migrazioni
forzate, per assicurare che la decisione di emigrare sia effettivamente una
scelta”, ha aggiunto Swing.
Un rapporto recentemente pubblicato dall’OIM
afferma che la maggior parte delle migrazioni ambientali in atto sono interne.
Numerosi paesi asiatici, ad esempio, stanno cercando di gestire le massicce
migrazioni dalle aree rurali alle città, che si verificano in seguito alle
ricorrenti inondazioni che distruggono i mezzi di sostentamento agricoli,
forzando le persone a spostarsi verso aree urbane sovrappopolate, con gravi
conseguenze a livello infrastrutturale, dei servizi pubblici e della salute.
Ill lento processo di degrado ambientale attira meno attenzione rispetto ad
eventi estremi quali le inondazioni e le tempeste: nondimeno 1,6 milioni di
persone, specialmente in Africa, hanno subito le conseguenze di periodi di
siccità tra il 1979 e il 2008, più del doppio di quanti sono stati colpiti
dalle tempeste.
In questi
contesti, le migrazioni svolgono già un ruolo significativo come meccanismo di
adattamento. In Mali, ad esempio, si assiste alla migrazione interna dal nord
al sud del paese, e alla migrazione regionale verso le aree costiere
dell’Africa occidentale. Questi spostamenti, che rispondono ad una strategia
spontanea di adattamento alla siccità, alleviano la pressione esistente su di
un ecosistema fragile, trasferendola però verso un altro.
Mentre alcuni Piani d’Azione Nazionali di
Adattamento (NAPA) - elaborati dai paesi meno sviluppati per adattarsi al
cambiamento climatico – includono riferimenti alle migrazioni, sforzi più ampi
possono essere intrapresi per rafforzare il ruolo delle migrazioni a fini di
adattamento.
“Sappiamo tutti che non esiste una soluzione unica alle sfide del
cambiamento climatico.Dobbiamo utilizzare tutti gli strumenti a nostra
disposizione, e la migrazione è uno di questi. È stato riconosciuto come le
migrazioni possano contribuire – ed effettivamente contribuiscano – allo
sviluppo dei paesi d’origine e di destinazione. I piani di adattamento devono
includere il rafforzamento del legame tra migrazione e sviluppo e l’utilizzo
dei benefici che le migrazioni temporanee e circolari possono apportare alle
comunità vulnerabili” ha affermato Swing.
La potenziale
ampiezza delle migrazioni future renderà necessario il sostegno internazionale
per i paesi più toccati dalle migrazioni ambientali interne o da paesi
limitrofi, poiché i paesi meno sviluppati non avranno le capacità o le risorse
per rispondere a questi flussi.
“Il sostegno finanziario destinato alle conseguenze migratorie del
degrado ambientale e del cambiamento climatico non dovrà andare a discapito
dell’assistenza allo sviluppo, che ha già subito gli effetti della crisi
economica, ma dovrà invece aggiungersi a questi aiuti, affinché i paesi in via
di sviluppo possano adattarsi all’impatto umanitario”, aggiunge Swing.
Le migrazioni
ambientali rivestiranno però un’importanza crescente anche per i paesi
industrializzati, che non hanno ancora sviluppato alcuna politica per
rispondere a questo problema.
Citando zone
sensibili in numerosi paesi in Asia, Africa, America centrale e meridionale
caratterizzati da alti tassi di emigrazione, considerabili difficoltà
socio-economiche e disastri di origine climatica a lenta evoluzione che si
ripercuotono anche sulla sicurezza alimentare, un rapporto recentemente
pubblicato dall’OIM sostiene che l’assenza di politiche sulla migrazione
ambientale metterà in difficoltà anche i paesi industrializzati, nel momento in
cui affronteranno la questione.
Swing conclude
quindi affermando che “i cambiamenti climatici, le tendenze demografiche e la
globalizzazione indicano che in futuro le migrazioni aumenteranno. Ciò
significa che il benessere di un maggior numero di persone e di comunità
dipenderà dalla nostra abilità di gestire le migrazioni in modo da aumentarne
benefici ed opportunità e ridurne le sofferenze. In questa equazione, gli
effetti del cambiamento climatico costituiranno una variabile sempre più
importante. Dobbiamo prevedere e pianificare il cambiamento; dobbiamo elaborare
soluzioni integrate che colleghino le migrazioni e l’adattamento al cambiamento
climatico; e dobbiamo essere preparati a rispondere alle sfide umanitarie che
il cambiamento climatico ci sta presentando già oggi”.