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- RICONGIUNGIMENTO DI UN BAMBINO AFGHANO CON IL FRATELLO MAGGIORE IN NORVEGIA

IL PROGETTO DI FAMILY TRACING DELL'OIM ROMA PERMETTE IL RICONGIUNGIMENTO DI UN BAMBINO AFGHANO CON IL FRATELLO MAGGIORE IN NORVEGIA

fam.tracing.jpg22 agosto 2013 - Undici anni, afghano, fuggito dal campo profughi e arrivato in Italia nascosto in un camion dopo aver passato Iran Turchia e Grecia. E’ questa la storia di A.S, un minore che, grazie all’intervento del Progetto di “Family Tracing e assistenza al ritorno volontario” dell’OIM Roma è riuscito a raggiungere il fratello maggiore residente a Oslo in Norvegia.

  

IL PROGETTO DI FAMILY TRACING DELL'OIM
ROMA PERMETTE IL RICONGIUNGIMENTO DI UN BAMBINO AFGHANO CON IL FRATELLO
MAGGIORE IN NORVEGIA

 
 
16 agosto 2013 - Undici anni, afghano, fuggito dal campo profughi e arrivato in Italia nascosto in un camion dopo aver passato Iran Turchia e Grecia. E’ questa la storia di A.S, un minore che, grazie all’intervento del Progetto di “Family Tracing e assistenza al ritorno volontario” dell’OIM Roma è riuscito a raggiungere il fratello maggiore residente a Oslo in Norvegia.

fam.tracing.jpg“Abbiamo ricevuto la segnalazione su A.S da parte Direzione Generale per l’Immigrazione e le politiche di Integrazione del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali,” racconta Anna Giustiniani, Project Manager OIM, “Il bambino era stato ‘intercettato’ dalla forze dell’Ordine in Italia a giugno dello scorso anno, presumibilmente nel tentativo di proseguire il proprio viaggio verso un Paese del nord Europa. Privo di documenti di identità, aveva dichiarato di aver vissuto con la propria famiglia in un campo profughi, e di aver frequentato la scuola coranica. Il suo scopo, abbiamo scoperto in un secondo momento, era quello di  raggiungere il fratello maggiore che si trovava in Norvegia”

“Dopo avere svolto un indagine di rintraccio familiare e aver scoperto che il padre del bambino era morto e che la madre lo aveva spinto a partire per timore che fosse reclutato dai jihadisti,” continua Giustiniani, “abbiamo avviato un lavoro di coordinamento con le autorità italiane,  i servizi sociali e con l’UNCHR volto a permettere il regolare ricongiumento tra i due familiari.  Grazie al prezioso supporto dell’ufficio dell’OIM di Oslo, siamo riusciti a mettere in contatto  il bambino con il fratello in Norvegia. Gli uffici OIM hanno facilitato le loro comunicazioni per un lunghissimo arco di tempo, iniziato nel novembre 2012, ossia dal momento delle svolgimento delle indagini familiari”

“L’apertura di questo canale di comunicazione”, prosegue la Project Manager OIM,  “ha permesso di superare quello che è stato il momento critico di questa storia: A.S. a un certo punto si è infatti allontanato dal centro di accoglienza, spinto dalla giustificata ansia di ricongiungersi con il fratello. Fortunatamente lo stesso fratello - che aveva intanto insaurato un rapporto di fiducia con il personale dell’OIM di Oslo - ha avvertito i nostri colleghi che il bambino era arrivato in Norvegia: ne abbiamo quindi potuto dare comunicazione ai servizi sociali italiani, che intanto avevano segnalato la scomparsa del minore all’Interpol.

“Rientrata l’emergenza alla fine la storia si è ben conclusa, in quanto il bambino ormai vive stabilmente a Oslo”, conclude Giustiniani.
 
Quella di A.S. è una delle tante storie che l’OIM Roma si trova quotidianamente ad affrontare nell’ambito del progetto di “Family Tracing e assistenza al ritorno volontario” a favore dei minori stranieri non accompagnati residenti in Italia.

“I beneficiari del progetto Family Tracing,” spiega José Angel Oropeza, Direttore dell’Ufficio di Coordinamento dell’OIM per il Mediterraneo, “sono ragazzi minorenni che non hanno né la cittadinanza italiana né quella di un altro paese dell’Unione Europea  e si trovano in Italia senza l’assistenza e la tutela dei propri genitori o di altri adulti che siano legalmente responsabili per loro”.

Le attività del progetto -  previste per legge dal Testo Unico sull’Immigrazione e sempre per legge affidate tramite bando a un’organizzazione internazionale – sono realizzate dall’OIM dal 2008 e prevedono il rintraccio delle famiglie dei minori non accompagnati e la raccolta di informazioni utili alla comprensione del contesto di origine del minore, un’attività per la quale l’Organizzazione si avvale delle informazioni di base fornite dalla Direzione Generale dell’Immigrazione del  Ministero del Lavoro, a sua volta raccolte dai servizi sociali in cui i minori sono ospitati.

Le indagini familiari, coordinate dall’OIM di Roma, sono condotte direttamente nei paesi d’origine da personale specializzato al trattamento di migranti in situazione vulnerabile, in collaborazione  - quando possibile - con le autorità locali. Sono inoltre sempre realizzate, sia a livello nazionale sia internazionale, in conformità con le norme a tutela del Superiore Interesse del Minore e del suo diritto al ricongiungimento familiare.

“Come accaduto nel caso di A.S.” continua Oropeza, “ le indagini non portano necessariamente al ritorno e al ricongiungimento familiare, ma sono un utile strumento per gli operatori sociali impegnati nell'assistenza ai minori stranieri non accompagnati e nell'orientamento dei loro processi d’integrazione in Italia e permettono da una parte di calibrare un efficace percorso di accoglienza e di integrazione in Italia a loro dedicato, e dall’altra di valutare le eventuali possibilità di reintegrazione nel paese di origine, in un’ottica di sostenibilità e di tutela del Superiore Interesse del Minore”.

La realizzazione del progetto prevede non solo uno stretto rapporto di collaborazione con il Ministero del Lavoro, ma anche con gli enti locali, i centri specializzati, gli esperti del settore e i rappresentanti dei paesi di origine dei minori.

Per informazioni:

OIM: Flavio Di Giacomo, Tel: +39 06  44 186 207,  fdigiacomo@iom.int