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OIM e UNHCR esortano gli Stati europei a far sbarcare i migranti e i rifugiati soccorsi in mare ancora a bordo delle imbarcazioni della “Captain Morgan”

Ginevra 21 maggio - L'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) e l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) fanno appello a Malta e ad altri Stati europei affinché si adoperino rapidamente per far sbarcare circa 160 rifugiati e migranti soccorsi in mare, ancora a bordo di due imbarcazioni della compagnia "Captain Morgan", permettendo loro di raggiungere finalmente la terraferma e un porto sicuro.

Un primo gruppo composto da 21 persone, per lo più famiglie, donne e bambini, era già stato evacuato e fatto sbarcare a Malta diversi giorni fa. È importante che le persone ancora in mare siano portate  a terra il prima possibile dato che sono rimaste a bordo della nave per circa due settimane - il periodo di quarantena standard per COVID-19 - senza che fosse loro fornita alcuna informazione chiara sulle tempistiche di sbarco. Non è accettabile lasciare le persone in mare più a lungo di quanto necessario, soprattutto in condizioni difficili e inadeguate.  

Gli Stati del Mediterraneo sono stati in prima linea nell'accogliere i migranti arrivati via mare negli ultimi anni. I loro sforzi, e quelli delle navi di ricerca e salvataggio delle ONG, hanno evitato molte morti tragiche. 

Tuttavia, l'UNHCR e l'OIM sono anche profondamente preoccupate per le notizie secondo cui alcuni Stati avrebbero ignorato o ritardato le risposte alle richieste di soccorso, soprattutto in un momento storico che vede una drastica riduzione delle capacità di ricerca e soccorso degli Stati e delle ONG.  

Ricordiamo agli Stati che secondo gli obblighi dettati dal diritto internazionale le persone in difficoltà vanno assistite immediatamente. Questi obblighi non possono essere barattati con l'offerta di carburante e di aiuti. Gli Stati devono fare ogni sforzo per soccorrere rapidamente le persone alla deriva, poiché anche un ritardo di pochi minuti potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte.  

Le misure di sanità pubblica, come li periodi limitati di quarantena obbligatoria, lo screening medico e la distanza fisica devono essere applicate senza discriminazioni e nel rispetto del protocollo sanitario nazionale di riferimento. Gli Stati devono continuare a permettere lo sbarco delle persone soccorse in mare, cosi come indicato dal diritto internazionale marittimo, e devono garantire l'accesso all'asilo e all'assistenza umanitaria. 

Le capacità di accoglienza di alcuni Stati del Mediterraneo sono messe ulteriormente a dura prova dalla necessità di implementare le misure sanitarie dovute alla diffusione del COVID-19. Nel riconoscere la portata di questa grave criticità,  le due agenzie hanno offerto supporto per garantire procedure di presa in carico dei nuovi arrivati rapide ed efficaci.

La rapidità delle procedure di sbarco deve essere anche supportata da una concreta solidarietà degli altri Stati europei attraverso un meccanismo di ricollocamento tempestivo e programmato e - quando le condizioni lo permetteranno - attraverso una cooperazione efficace che possa permettere un ritorno nei Paesi di origine per i casi che risultano non necessitare di protezione internazionale. .

E' necessario adottare un sistema di redistribuzione post-sbarco ampiamente condiviso se si vuole finalmente uscire da un ciclo perpetuo di negoziati e di accordi ad hoc che non fa altro che mettere ulteriormente a rischio la vita e la salute delle persone. Il ricollocamento di 17 persone organizzato ieri da Malta verso la Francia dimostra che - seguendo tutte le precauzioni e le misure necessarie per garantire la prevenzione di un'ulteriore trasmissione del virus -  è possibile realizzare iniziative di solidarietà tra Stati anche durante questo periodo caratterizzato dalla diffusione del COVID-19.

L'OIM e l'UNHCR ribadiscono inequivocabilmente che nessuna delle persone soccorse in mare deve essere riportata in Libia. Le sofferenze e i rischi anche mortali provocati dall'intensificarsi del conflitto, dalla detenzione arbitraria e dalle diffuse violazioni dei diritti umani, tra gli altri fattori,indicano chiaramente che la Libia non possa essere considerato un luogo sicuro.

Il coinvolgimento diretto o indiretto degli Stati in operazioni volte a rimandare in Libia, attraverso imbarcazioni commerciali, i migranti o i rifugiati soccorsi in mare, può costituire una violazione del diritto internazionale.

 

Per ulteriori informazioni:

OIM  

Roma, Flavio Di Giacomo, Tel: +39.347.089.89.96 E-mail: fdigiacomo@iom.int 

Ginevra, Safa Msehli, Tel: +41 79 403 5526. Email: smsehli@iom.int    

Bruxelles, Ryan Schroeder, Tel + 32 492 25 02 34. Email: rschroeder@iom.int    

 

UNHCR  

Ginevra, Charlie Yaxley, yaxley@unhcr.org, +41 795 808 702,  

Valletta, Anna Camilleri, camiller@unhcr.org, +356 9999 3228  

Bruxelles, Maeve Patterson, patterso@unhcr.org, +32 470 99 54 35  

Rome, Carlotta Sami, sami@unhcr.org, +39 335 679 47 46  

Tripoli, Caroline Gluck, gluck@unhcr.org, +218 91 000 7195  

Tunisi, Tarik Argaz, argaz@unhcr.org, +216 299 612 95